Recensisci per primo “Piero Marietti, è nato a Cagliari il 7 aprile 1941. Di discendenza non sarda, la casualità del luogo di nascita, intreccio guerra-idrovolanti, diventa per lui motivo di condizionamento dei ricordi, quasi folgori, neonatali, di un’infanzia priva di agiatezza, dei racconti di famiglia. Torna in Continente articolando le prime parole e frasi in stretto dialetto casteddanu e, senza saperlo, porta con sé, ormai isolano per la vita, anche un’anima di mare che gli suggerisce, insistente, la devozione all’acqua. Si affida alle matematiche, le fisiche e le tecniche di avanguardia dei tempi che vive. Frequenta il Liceo Scientifico A. Righi, sotto la guida ferma di maestri quali Marti, Puglisi, Scalia, Ascoli scopre i latini, ma non i greci, la filosofia e il disegno. Una nonna veggente gli suggerisce la musica. È allora che progetta il suo impegno per una ricongiunzione del pensiero razionale e quello intuitivo nel materno seno della cultura tout court. Scienze esatte e scienze estetiche gli si saldano dentro nell’impegno di debellare il facile detto: se la matematica non è un’opinione, perché si convince ben presto che sì, la matematica è un’opinione e questo la fa anche bella, quindi arte. Compito arduo, che tuttora lo assilla, aggredito, ma irrisolto. Con la scelta, sofferta in alternativa a medicina, della laurea in ingegneria e quella, quasi tributo alle mode, per l’elettronica, abbandona l’idea della vendetta contro le malattie che gli hanno portato via un glicine appassito prematuramente. La spinta ad agire per sentirsi essere lo porta all’impegno nel ’68 che non rinnegherà nemmeno in età avanzata, alla voglia di suonare, comporre e cantare con la sua chitarra, di recitare in un teatro non meramente amatoriale, di viaggiare e imparare le lingue del mondo e, infine, di scrivere. È su questo terreno che salda i conti con le scelte imposte dalla necessità o da una tradizione troppo forte per essere affrontata solo con la vigoria della gioventù: prima con più di duemila pagine dedicate all’elettronica, che egli intende generatrice di nuove, affascinanti strutture mentali: opera unica in Italia, alla quale si rimprovereranno le venature letterarie che qua e là vi affiorano. Quindi affrontando il terreno del raccontare o del dire: per non sembrare muto, come gli insegna l’amatissimo Francesco Guccini.” Annulla risposta


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